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Father & sons: la sicurezza dei figli passa dai genitori

Guardando genitori e nonni con i loro bambini, mi capita spesso di chiedermi quanto siamo protettivi, anche oltre ogni ragionevole limite.
La prima tentazione (parlo per me, ma…) sarebbe quella di evitare ogni più piccola frustrazione ai nostri bimbi.
Provo a spiegarlo con alcuni esempi.

 

Una volta, mentre ero seduto in una piazza, mi è passata vicino una nonna col nipotino di pochi mesi che strillava come un disperato.
Ma la cosa particolare è che ad essere più disperata del nipotino era proprio la nonna: cercava, infatti, di calmarlo con gesti e tono di voce talmente esagitati che mettevano ansia pure a me che assistevo alla scena!
Più cercava di calmarlo, più il bambino strillava: non più per dolore, ormai, ma per paura. 
Chi non ne avrebbe avuta a vedere una persona che rappresenta un punto di riferimento così preoccupata?

 

Per fortuna, mi capita anche di trovare genitori sereni e fiduciosi, capaci – di fronte ad una caduta dei loro figli – non solo di soccorrerli ma di accettare anche il naturale fatto che piangano e provino dolore.
Tollerando, cioè, che cadere è un processo insito nel percorso di crescita.
Ecco perchè è più facile vedere quegli stessi bambini lamentarsi meno e tornare subito a giocare (pur se, forse, un pò doloranti) insieme agli amichetti, con la certezza che quel piccolo fastidio passerà.
Forse perché l’esempio rassicurante dei genitori ha aiutato anche loro a tranquillizzarsi? 

Ecco, perciò, il primo consiglio che mi sento di dare: il modo migliore per rassicurare i nostri figli di fronte alle difficoltà consiste nel rilassarsi e avere fiducia nella loro istintiva capacità di cavarsela. 

Un altro errore frequente che noto è la tentazione di sminuire le loro emozioni: quante volte avete sentito (o magari anche detto) gli adulti dire a un bambino frasi del tipo: “Non piangere” o “Non è nulla”?
Apparentemente sono frasi rassicuranti…ma come vi sentireste se – in un momento di magone – qualcuno vi dicesse che non dovete essere tristi? 
In termini di comunicazione, il messaggio che arriva è ben diverso: oltre che essere tristi vi sentireste anche inadeguati e non all’altezza di ciò che vi viene richiesto. 
Ricordiamoci che i bambini sono piccoli, non stupidi e, quindi, capaci di percepire questi messaggi subliminali ancor meglio di noi! 

 

Una volta, mia figlia (aveva circa 2 anni) si è messa a piangere perché la mamma stava uscendo mentre lei voleva ancora averla vicino.
Confesso che il primo istinto è stato quello di dirle che andava tutto bene e, quindi, di non piangere.
Per fortuna ciò di cui mi occupo per lavoro non rimane fuori dalla porta di casa: perciò, invece di negare le sue emozioni, le ho accolte.
E le ho detto: “Bene, mamma è uscita; so che tu volevi stare con lei e, per questo, adesso sei triste e piangi. Piangi se è quello che vuoi e, mentre piangi, accompagnami a prendere una cosa (presi un giochino). Così, intanto, ti racconto una storia (avevo, nel frattempo, preso un gioco oltre che iniziato a raccontare la storia)…”.
In pochissimi minuti, mia figlia aveva smesso di piangere e, accoccolata fra le mie braccia, sorrideva mentre io le raccontavo una delle sue storie preferite. 

Qula è il secondo consiglio? Negare o giudicare le loro emozioni, i loro stati d’animo o i loro sentimenti è assolutamente controproducente: impariamo, prima, ad accettare la loro realtà, se vogliamo portarli nella nostra.