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Navigare a vista o cambiare rotta per tempo?

In una nave di alto tonnellaggio lavoravano più di cento marinai.
La nave era vecchia, ma loro erano abituati a stare li e, nonostante alcune cose non funzionassero più come prima, loro si trovavano bene.

Durante un viaggio, nella nave si apre una falla e il capitano si trova costretto a riparare in porto.
L’armatore, presa visione delle condizioni della nave, decide che è troppo vecchia e che deve essere rottamata.
Ma i marinai non vogliono lasciare la loro vecchia nave: sono preoccupati del loro futuro perchè non sanno se e quando troveranno qualcosa di meglio come lavoro.

A questo punto, i marinai e le loro famiglie coinvolgono i sindacati ed altre associazioni, e tutti insieme iniziano a fare pressione con i politici locali.
Questi, dal canto loro, non sono convinti che riparare una nave già troppo vecchia sia una buona idea, ma non si sentono di prendere posizione contro i marinai perchè questo rovinerebbe la loro immagine ai fini elettorali, facendoli sembrare “cattivi” o incapaci.
Alla fine, dopo una lunga trattativa, grazie alla sovvenzione voluta dai politici, l’armatore si vede costretto a turare la falla e la nave viene rimessa in mare.

Non tutti i marinai, però, rientrano nella flotta: qualcuno va in pensione, mentre un altro gruppo ristretto di lavoratori decide di cercare lavoro presso altri armatori; una minoranza decide addirittura di mettersi in proprio, avviando un’attività di noleggio gommoni per turisti.
Dal canto suo, considerate le condizioni della nave, che non danno molte prospettive per il futuro, l’armatore non si sente di assumere altri marinai ma neanche di farne costruire una nuova, a causa delle sue poche risorse finanziarie disponibili.
Ma i marinai, dopo aver protestato un po’ perchè le loro condizioni sono peggiorate leggermente, si adattano alla nuova situazione che li lascia, comunque, tranquilli circa il loro immediato futuro.

Passato qualche mese, però, nella nave si apre una nuova falla; questa volta, più grossa della precedente.
L’armatore intende rottamare la nave ma, ancora una volta, i marinai organizzano la protesta e i politici, tirati nuovamente in ballo, decidono di continuare a perorare la loro causa.
Dopo un’estenuante trattativa, il risultato è che tutti si adattano a delle condizioni peggiorative pur di continuare a mantenere a galla la nave: l’armatore investe qualcosa per far riparare il guasto, i marinai si trovano costretti a lavorare di più (un altro gruppo lascia l’impiego per creare una cooperativa di pescatori e l’armatore non assume nessun altro al loro posto) e l’ente politico finanzia una parte del costo della riparazione..
Insomma, ciascuno si accolla una fetta di sacrifici per far continuare a navigare l’imbarcazione.
Questa soluzione lascia scontenti tutti: ci si lamenta ma nessuno fa niente per cambiare le cose perchè nessuno intravede altre possibilità.
Anche se ciascuno di loro è ormai consapevole che lasciar ancora solcare i mari a quella nave comporta gravi rischi per le persone e per i carichi a bordo.

Passano ancora alcuni anni e le condizioni della nave continuano a peggiorare, ma la storia che si ripete è sempre la stessa: l’armatore minaccia di chiudere, ed ogni volta le pressioni popolari e politiche lo convincono a tenerla ancora in mare.

Finchè, un brutto giorno, la nave affonda insieme ai 50 marinai che ancora facevano parte della sua flotta.
I politici, in loro onore, dichiarano un giorno di lutto cittadino.
E qualche giorno dopo, sono davvero in tanti a partecipare ai funerali di quelle povere “vittime del mare”: molti di più di quelli che la chiesa può contenere. 
Proprio durante la funzione religiosa, un vecchio saggio si trova ad attraversare il piazzale della chiesa, gremito di gente; incuriosito dalla presenza di tutta quella folla, il vecchio chiede informazioni a uno dei presenti.
Questi, commosso, gli racconta ciò che è successo e, incalzato dalle domande del vecchio, gli narra delle vicissitudini di quei marinai, costretti a difendere il loro lavoro con le unghie e con i denti…. fino alla loro triste fine.

“E’ stato come un incubo!” conclude infine, fiero della sua tragica esposizione dei fatti.
“Condivido”, considera il vecchio saggio, “infatti, avrebbero dovuto svegliarsi prima!”.